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RACCONTO: Dearbhail e Danu

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    =nebbiolina=
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    Registrato il: 30/03/2007
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    00 30/03/2007 15:04
    Racconto ispirato ai miei viaggi in Irlanda... E' un tantino lungo... [SM=g27994]m9:

    Mi addormentai osservando il soffitto di vetro di un confortevole cottage tra le colline di Wicklow, certa che sarebbe stato un insolito cielo stellato l’ultimo dei meravigliosi ricordi di quel viaggio.
    Ma all’alba, e a sole sei ore dal mio volo di ritorno, Egan mi svegliò con quella che si sarebbe rivelata la più sorprendente delle sue proposte.
    - Sveglia, pigrona! – Mi disse scaraventandomi addosso un cuscino – Stamattina ho un lavoretto da fare e tu sei la fortunata che mi accompagnerà… -
    -Egan… Voglio dormire! Porta Laura con te…- Sbiascicai prima di voltarmi dall’altra parte, sperando che mi lasciasse ritrovare il sonno in pace.
    Ma lui continuò: -Non ci penso neanche! Non è stata Laura a lagnarsi dell’imminente ritorno in Italia e nemmeno a rimpiangere di … Com’era? – Fece una pausa fingendo di non ricordare le mie considerazioni della sera precedente – Ah sì… A rimpiangere di aver soggiornato in comode stanze d’albergo, invece di vivere a più stretto contatto con la natura di questo paradiso terrestre! Quindi mia cara… Zaino in spalla e che abbia inizio l’avventura! –
    Aveva ripreso a pronunciare il suo discorsetto con una comica e nasale voce bianca, scimmiottando il mio modo di sistemare la frangia dietro l’orecchio.
    - Sempre galante tu… - Risposi rizzandomi faticosamente a sedere.
    Finalmente soddisfatto, l’ossuto ragazzaccio si congedò impartendo nuove e beffarde istruzioni:
    - Sbrigati, ti aspetto in giardino tra cinque minuti! E se vuoi un consiglio: niente tacchi a spillo, signorina! –
    - Ancora sconfitta dalla sagacia di quel moccioso! - Pensai scostando l’uscio della stanzetta attigua alla mia, dove Laura dormiva ancora beatamente. Mi infilai i jeans invidiandola e maledicendomi per non essermi morsa la lingua il giorno prima.
    Pochi istanti dopo, ero già appoggiata alla schiena del mio aguzzino, mentre in moto percorrevamo la strada che ci separava da Howth , una cittadina sull’Irish Sea, a pochi chilometri da Dublin.
    Avevo conosciuto Egan solo venti giorni prima e riuscivo a malapena a sopportarlo. A sentire Laura, avrei dovuto innamorarmi perdutamente di quel suo cugino alla lontana che aveva appena un anno meno di me, parlava correttamente quattro lingue compreso il gaelico ed era dotato d’intelligenza e simpatia fuori dal comune.
    In effetti, quando venne a prenderci all’aeroporto di Dublino, l’avevo trovato in qualche modo affascinante: nonostante il fisico minuto e i cortissimi capelli color carota, aveva un viso imberbe dai lineamenti delicati, due grandi occhi verdi e delle labbra tanto sottili e perfette da sembrare disegnate. Si era però mostrato saccente e sfacciato sin da quando, all’atto delle presentazioni, mi ero complimentata per il suo bel nome.
    - Deriva dal gaelico “fuoco” - Non aveva mancato di precisare con aria arrogante, per poi continuare ancor peggio: - Il tuo invece dall’ebraico e significa “graziosa”… Un vero peccato tu non lo sia anche di fatto!-.
    Non aveva perso occasione di prendersi infantilmente gioco di me neanche nelle tre settimane successive, riservandomi ben più d’una delle sue irritanti frecciatine.
    Il lavoretto di quella mattina consisteva nel fotografare alcuni uccelli per una rivista naturalistica ed a suo dire, avrei dovuto prendere quel fuori programma come un’uscita didattica. Nonostante mi seccasse ammetterlo, Egan si era rivelato una guida straordinaria durante il tour dell’Isola di Smeraldo, ed era probabilmente per questo che avevo deciso di seguirlo senza troppe obiezioni.
    Arrivammo ad Howth che era ancora presto e come ormai di consueto, mi persi alla vista delle spiagge bianche e deserte, sormontate da prati di verde infinito.
    - Andiamo ad Ireland’s eye – Disse Egan indicandomi l’isoletta aldilà del molo.
    Annuii mentre lui si caricava in spalla l’attrezzatura fotografica, ed insieme raggiungemmo il barcaiolo che si apprestava alla prima traversata del giorno.
    L’occhio d’Irlanda è un grazioso fazzoletto di terra collinare ad una decina di minuti dalla costa: un vero paradiso per svariate specie di uccelli che vi nidificano nel corso dell’anno.
    Quando la nostra imbarcazione attraccò, mi trovai immediatamente di fronte ad una parete rocciosa piuttosto ripida, schizzata qua e là di muschio verde e con tutta probabilità scivoloso… Capii subito che per me l’arrampicata non sarebbe stata facile.
    Egan mi lesse nel pensiero e non mancò di sottolineare come sul versante opposto ci fosse una spiaggetta di sabbia finissima ed un sentiero che saliva dolcemente fino alla sommità del colle. Sogghignando, aveva però aggiunto che oltre a non avere il tempo materiale di circumnavigare l’isola, una naturista come me avrebbe sicuramente maggiormente apprezzato quello scorcio un po’ più selvaggio.
    Fortunatamente, al contrario di ogni previsione, riuscii nella scalata senza troppi intoppi e fui finalmente libera di godermi il panorama frastagliato della costa… Centinaia di uccelli coprivano interamente la rocca dell’isola e, più in basso, diverse rocce ed insenature a ridosso del mare. Ancora una volta quel verde e l’azzurrino di cielo e acqua, mi riempirono gli occhi quasi fossero stati gli unici colori che mi riuscisse distinguere.
    Dopo aver scattato qualche foto, Egan mi prese inaspettatamente per mano e mi costrinse ad una passeggiata tra la fitta ed incontaminata vegetazione locale. Gli arbusti arrivarono a graffiarmi all’altezza del collo ed ero terrorizzata solo al pensiero di tutte le diverse specie di insetti che dovevano colonizzarli. Chiusi quindi gli occhi e soffrii in silenzio per non darla vinta all’irlandese, quando all’improvviso ci fermammo. Di fronte a noi sorgevano le rovine di una costruzione quadrata con tetto franato e muri piuttosto bassi. Egan vi entrò e dopo avermi invitata a seguirlo, posò l’attrezzatura in terra, nel bel mezzo di quella che una volta doveva essere una stanza.
    - Che cos’è? – Gli chiesi passando attraverso l’arco che fungeva da ingresso.
    - Un’ abitazione celtica – Mi rispose increspando le labbra in un mezzo sorrisetto.
    - Sì, certo…- Dissi in tono sarcastico, mentre sfioravo con l’indice una delle pareti di mattoncini rossi - Un’abitazione celtica del 1960, forse? -
    - No… Una vera abitazione celtica! – cinguettò imitandomi come suo solito e chinandosi a scostare un po’dell’erba che ricopriva il pavimento.
    Mi accorsi solo allora che il manto erboso celava effettivamente alcune tracce di fondamenta circolari di pietra, perfettamente inscritte nel quadrato delimitato dalle mura di mattoni.
    - Vuoi che ti narri la storia legata a quest’abitazione? -
    - Sentiamo… - Risposi decisamente scettica, appoggiando la schiena ad una parete.
    Sorridendo, Egan cominciò a raccontare quella leggenda incredibile e meravigliosa che mi sarei portata dentro per sempre.
    - Si narra che due millenni e mezzo fa, tale Deoradhán fosse il più valoroso tra i guerrieri di una delle tribù che dall’Europa continentale si erano stabilite in Irlanda. Grazie all’ardore dimostrato in battaglia e all’innata fedeltà per la sua gente, all’uomo fu concesso l’onore di prendere in moglie la bella quanto virtuosa Niamh, primogenita di un principe molto potente.
    I due, che si erano amati sin dal primo incontro, venivano additati come esempio di benessere e felicità e riscuotevano il consenso della maggior parte dei nobili del villaggio.
    Il favore che pareva circondare la coppia di sposi però, allarmò ben presto Riognach, matrigna di Niamh, cui il principe aveva dato un figlio maschio. La donna, accecata dalla gelosia e dalla brama di potere, temeva che alla morte del marito i clientes avrebbero giurato fedeltà a Deoradhán, dimenticando i privilegi natali del suo discendente diretto.
    Una notte, misteriosamente, Riognach si allontanò dal villaggio e quando diversi giorni dopo vi fece ritorno, non fu più la stessa. Durante le notti d’assenza, probabilmente grazie a qualche sordido e femmineo inganno, aveva convinto un druido a rivelarle i più intimi segreti delle arti magiche e servendosi di questi, era poi riuscita a rendere inviso il buon Deoradhán al principe. Si racconta che alla malvagia fosse bastato semplicemente guardare negli occhi il marito, sottolineando che “Deoradhán” nella loro lingua significava “esilio” e che, per evitare la collera degli dei, tale avrebbe dovuto essere il destino del genero.
    Il bando, la punizione peggiore che si potesse infliggere all’epoca, era solitamente riservato alla repressione di reati abominevoli quali l’omicidio o l’ incesto e consisteva nell’abbandonare in mare i rei, senza lasciar loro altro che un’imbarcazione di vimini ed un coltello per badare alla propria incolumità.
    Fu così che dopo essere stati esiliati con l’assoluto divieto, pena la morte, di ristabilirsi sulle coste irlandesi, Niamh ed il suo amato approdarono su quest’isoletta.
    Deoradhán costruì la capanna di cui oggi possiamo vedere le fondamenta e cercò con tutte le forze di provvedere alla moglie che presto avrebbe dato alla luce un bambino.
    Un giorno, quando il cibo aveva ormai cominciato a scarseggiare, il guerriero salì sulla propria zattera e si diresse verso la costa con l’intento di andare a caccia nell’entroterra, ma ancor prima di raggiungere la meta, fu attaccato da uno stormo di corvi magicamente soggiogato dall’invisibile ed impietosa mano di Riognach. A Niamh non restò che assistere disperata ed impotente all’orribile fine dell’amato Deoradhán, divorato vivo dal turbinio di ali nere e fameliche.
    Quella stessa sera, tra atroci sofferenze, la sventurata partorì una bambina.
    Proprio mentre, riversa sulla nuda terra, sua figlia emetteva il primo vagito, Niamh dovette accorgersi di quanto la morte le fosse vicina… Socchiudendo gli occhi, le sembrò forse di essere già approdata su Flath Innis, premio finale per le anime rette ed isola del sommo bene, sulle cui sponde di cristallo Deoradhán l’attendeva a braccia aperte. Sotto nuvole d’acqua limpida, tra l’arpeggiare dei ruscelli e il maestoso rigoglio di quella natura paradisiaca, i due sposi si sarebbero finalmente rifocillati ed amati per l’eternità.
    Ma in Niamh tali immagini consolatorie erano offuscate dal pensiero straziante del destino toccato in sorte alla sua creatura innocente, abbandonata a marcire per terra alla pari di un seme mai seppellito. Riaprì quindi a fatica gli occhi, allungò una mano sulla fronte della neonata e decise che si sarebbe chiamata Dearbhail, traducibile con “Desideria”.
    Con l’ultimo fiato pronunciò poi un addio che si sciolse in un’accorata supplica alla terra, al mare e al cielo, perchè si prendessero cura di sua figlia. Spirò mentre carezzava quella testolina, congedandosi così dal frutto del proprio ventre, suo amore e suo unico rimpianto.
    Quella preghiera disperata commosse a tal punto la dea madre Danu, che furono proprio le correnti create dalle lacrime divine a trasportare il corpo e lo spirito di Niamh sino a Flath Innis.
    La piccola Dearbhail invece, fu tramutata in una profonda radice che oggi abbraccia e sostiene tutta l’isola ed è venerata e protetta dal piccolo popolo, degno di colonizzare gli antri più nascosti della terra d’Irlanda, il grembo stesso di Danu.
    Dopo tale incanto, centinaia di uccelli furono richiamati su Ireland’s eye perché tenessero lontani i corvi della crudele Riognach e vigilassero su Dearbhail, con l’aiuto dei re del piccolo popolo e dei loro discendenti.
    Si narra inoltre che fu da quel momento che “Dearbhail”, in gaelico, assunse il doppio significato di “Desideria” e “Figlia d’Irlanda”.
    A quel punto Egan s’interruppe bruscamente: - Ora andiamo, o perderai il tuo aereo – disse sorridendo col suo fare sornione.
    - Aspetta! Chi l’ha inventata questa storia? Voglio dire… Mi stai prendendo in giro o è una vera leggenda? -
    - Non lo saprai mai! Per favore, raccogli tu l’attrezzatura per terra… – replicò uscendo.
    - Sempre più cavaliere! – sbottai prima di chinarmi nei pressi del centro della costruzione.
    Fu allora che notai qualcosa, proprio lì, sotto il borsone di Egan. Era saldamente ancorato al suolo e aveva le fattezze di un neonato… Sembrava una realistica scultura di legno, ricoperta di soffice muschio. Rabbrividii accarezzando quelle forme: manine, braccia, volto, nasino…Gambe, piedini!
    - No… Dearbhail… Non può essere…- sbiascicai incredula. Mi voltai cercando Egan e lo trovai in piedi, dietro le mie spalle. Mi aiutò a rialzarmi e mi sorrise con insolita dolcezza.
    - Forse è solo suggestione… O forse hai incontrato il discendente di uno dei re del piccolo popolo che protegge colei che la dea accolse nel proprio ventre. – Sussurrò a pochi centimetri dal mio viso.
    Qualche ora dopo ero seduta in aereo, intenta a carezzarmi confusamente le labbra e a chiedermi se quel giorno avessi davvero baciato un elfo… O il più bravo narratore di fiabe che avessi mai potuto incontrare.
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    Gorad Barbatonante
    Post: 14
    Registrato il: 30/03/2007
    Età: 42
    Sesso: Maschile
    Avventore
    00 30/03/2007 16:32
    Molto, molto carino. Coloratissimo. Già immagino i commenti che farà Lilibeth [SM=g27994]m18:
    Nonostante la lunghezza non ho trovato intoppi.
    Il racconto dentro il racconto è un tema a cui io sono molto affezionato (come potrai intuire dal mio post nella sezione sui libri preferiti).
    Il bello di questo, in particolare, è il fatto che sembra tratto da un diario. Se l'effetto era voluto...complimentoni!
    Ci parli un po di come è nato? Un viaggio di piacere? Studi di folclore?
    Dai, sono curioso
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    =nebbiolina=
    Post: 14
    Registrato il: 30/03/2007
    Sesso: Femminile
    Avventore
    00 30/03/2007 17:15
    Chi è Lilibeth, se posso? Un'esperta di baci elfici come me? [SM=g27994]m18:

    A parte scherzi, il racconto è tratto appunto da un diario che tenevo durante le mie vacanze irlandesi. Volendo scrivere qualcosina sul tema celtico, senza però tralasciare le belle (e verdi) sensazioni che mi ispira l'Irlanda di oggi, ho pensato ad una cornice narrativa che richiamasse buona parte di quello che avevo vissuto. Ireland's Eye è davvero un'isoletta divenuta riserva per uccelli marini e ci sono sul serio le rovine di una casetta in mattoncini rossi. Lì ho trascorso una mattinata indimenticabile, proprio a poche ore dal rientro in patria. La leggenda, invece, a parte il significato dei nomi in gaelico e i cenni storici sull'esilio, è totalmente inventata.

    Grazie per i complimenti... Evviva il buonismo! [SM=g27994]m18: ;-)
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    Dama Shalee
    Post: 9
    Registrato il: 30/03/2007
    Sesso: Femminile
    Custode
    00 31/03/2007 13:00
    I miei complimenti nebbiolina, e un sentito grazie per averci regalato un "pezzo" di Irlanda attraverso i tuoi occhi.
    Mi sono commossa, leggendo il racconto...

    [SM=g27994]m9: [SM=g27994]m13:
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    =nebbiolina=
    Post: 25
    Registrato il: 30/03/2007
    Sesso: Femminile
    Avventore
    00 31/03/2007 16:52
    Grazie Dama... Troppo buona [SM=g27994]m9: [SM=g27994]m28: